Ci sono situazioni così paradossali che a volerle raccontare non sai da che parte cominciare. Siete convinti di averle viste tutte? Seguitemi nel racconto e magari vi renderete conto che non è così.
Sei nel centro della città durante l’ora di pranzo e il traffico è sostenuto per via dell’uscita dei bambini dalle scuole che si trovano nei paraggi.
Ti trovi al semaforo ed è rosso, perciò sono tutti fermi. La via in cui stai passando è con due corsie e dopo il semaforo puoi girare solo a sinistra o a destra. Sei sulla corsia di sinistra con due auto davanti prima dello stop e dietro una colonna lunga. Con lo specchietto retrovisore noti che l’auto dietro la tua, un’utilitaria grigia di piccola cilindrata modello “zzzxxx” (per ovvi motivi non lo specifico) e piena di ammaccature, è troppo vicina. Non fai a tempo ad elaborare cosa sta succedendo quando vedi che l’automobilista dietro di te decide di cambiare corsia e passare dalla corsia di sinistra a quella di destra. Però essendo troppo attaccata al posteriore della tua auto senti che struscia il tuo paraurti.
Allora metti le quattro frecce e scendi per vedere cosa è successo. L’auto che ti ha urtato è ancora appoggiata alla tua e guardando l’autista vedi alla guida una signora sui 65 anni, sigaretta alla mano, che ti guarda con sufficienza e per nulla preoccupata. Poi sempre con aria di sufficienza abbassa 10 centimetri il finestrino e ti dice che non è successo niente ma si è solo appoggiata. Nel frattempo scatta il verde e comincia il concerto dei clacson della gente che vuole passare e cercano di avanzare infastiditi. Poi il semaforo torna rosso. Tra un clacson e l’altro la signora che vi ha toccato il paraurti posteriore fa marcia in dietro e si sposta sulla corsia di destra ma rimane accanto perché il traffico si è di nuovo fermato. Gli intimate di scendere a vedere la riga che ha creato sul paraurti ma insiste che non è niente e chiude il finestrino per niente preoccupata dell’accaduto ed essendo nel frattempo scattato il verde, se ne va senza problemi.
L’unica cosa possibile da fare è prendere la targa e rimettersi in cammino. Ora con la targa annotata non resta altro che andare all’assicurazione e fare la richiesta di risarcimento, direte voi. Ma è qui che viene il bello.
L’assicuratore scrive la targa sul terminale ed esclama:
“Trovata, è una utilitaria bianca modello xxxyyy, giusto?”
“No, in realtà è grigia ed è una zzzxxx!” ribatti con perplessità.
L’assicuratore invece ti comunica che i dati relativi a quella targa sono proprio di una utilitaria bianca modello xxxyyy e che la proprietaria l’ha assicurata in una città a 700 km da li. Cominci a farti mille domande e piano piano ti rendi conto cosa sta succedendo. Insomma, non ci sono dubbi, l’auto che ti ha toccato portandoti via un po’ di vernice dal paraurti monta una targa che non è la sua. Così si spiegano tutte le ammaccature sulla carrozzeria; l’aria di sufficienza; la mancanza di preoccupazione e tutto il resto. Tanto le multe non arrivano a lei ma a qualcun’altro, che chissà se sia consenziente per il fatto che può tranquillamente contestare le multe che gli arrivano per via dei dati inesatti e cose del genere…
Intanto tu rimani con il paraurti rigato e due ore perse a cercare un’auto che non esiste.
L’ultima cosa che rimane da fare è fare una denuncia ai carabinieri. Ma è più una cosa etica che risolutiva perché chi si comporta così di solito non ha niente da perdere. Tu ora che farai, andrai a perdere altro tempo per fare la denuncia?